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La comprensione della connessione corpo-cervello è fondamentale per la diagnosi e la cura del trauma: «questa comunicazione bidirezionale tra corpo e mente è stata a lungo ignorata dalla scienza occidentale, rappresentando invece, una parte fondante delle pratiche di guarigione tradizionali in molte altre parti del mondo, in special modo in India e in Cina. Oggi tutto ciò sta
trasformando la nostra comprensione del trauma e della sua cura» (Van der Kolk, 2014).
La teoria polivagale di Stephen Porges aiuta a comprendere con maggiore finezza la biologia della sicurezza e del pericolo in rapporto alle relazioni sociali, attenzione principale di questa ricerca in ordine al trauma e alle possibili conseguenze psicopatologiche. Questa teoria mostra
infatti come mai un tipo di volto o un tono di voce rassicurante possono modificare
considerevolmente il modo in cui sentiamo, e «ci ha chiarito perché il sapere di essere visti o sentiti dalle persone importanti della nostra vita può farci sentire calmi e al sicuro e perché essere ignorati
o rifiutati può indurre reazioni di rabbia o di collasso mentale [… ], perché una sintonizzazione focalizzata con un’altra persona può farci uscire da stati disorganizzati di terrore» (Van der Kolk,
2014).
Secondo la teoria polivagale, il sistema nervoso autonomo non è formato solo da due sistemi reciproci, simpatico e parasimpatico, ma da tre sistemi sequenziali che si accompagnano
nell’evoluzione cerebrale, così come si sono evoluti sequenzialmente a livello filogenetico.
Il più primitivo dei rami del SNA è una parte del SNP, il sistema vagale dorsale, che «si origina nel nucleo motore dorsale, associato con la regolazione delle funzioni viscerali per opera dei riflessi (Porges, 2011). Si tratta di un antico sistema di conservazione dell’ossigeno e provoca il
blocco (congelamento) che si verifica nei traumi gravi. Questo stato vagale dorsale solitamente è considerato uno stato di shock: riduce l’utilizzo di energia, aiuta il corpo a conservare l’ossigeno ma
blocca il bisogno di ossigeno; riduce la respirazione, riduce al minimo il movimento e il metabolismo, come sopra si è descritto in generale sul SNP. Fisiologicamente non è rivestito da
guaina mielinica. È la parte del SNP che condividiamo con ogni altro essere vivente e, nei neonati è attivo già da prima della nascita.
Il SNS si sviluppa e inizia a funzionare a partire dalla nascita, e ha le funzioni che sono già state brevemente sintetizzate.
Esiste però un altro ramo del SNP, presente solo nei mammiferi, ed è il sistema vagale
ventrale. «Il nervo vago è il decimo nervo cranico, si origina nel tronco encefalico e proietta, indipendentemente dal midollo spinale, a molti organi della cavità corporea, tra cui anche il cuore e
l’apparato digerente» (Porges, 2011). Questo sistema supporta il coinvolgimento sociale. È un ramo rivestito da guaina mielinica (ricordiamo che la mienilizzazione aumenta la velocità di trasmissione degli impulsi elettrici) e questa mielinizzazione inizia alla nascita, continua per tutta l’infanzia e matura negli anni centrali dell’adolescenza. Il vagale ventrale conserva l’energia fino a quando non è identificato il livello della minaccia e, in caso di minaccia insignificante, impedisce al SNS di prendere il sopravvento. Alla nascita questo ramo del parasimpatico non è ancora sviluppato, quindi è la madre ad agire come vagale ventrale per il neonato, come “calmante”, fino a che il sistema del neonato diventa mielinizzato e permette un’autoregolazione più autonoma.
I neuroni del vagale ventrale, rivestiti di guaina mielinica, innervano il cuore, il polmone, l’orecchio, la laringe, la faringe e il viso. L’udito (orecchie) e la vocalizzazione (laringe e faringe) sono elementi importanti del coinvolgimento sociale, assieme ai muscoli del viso. Il vagale ventrale
ha neuroni motori che muovono i muscoli e neuroni sensori (afferenti) che inviano le informazioni di nuovo al cervello. Le informazioni afferenti possono così influenzare la funzione motoria.
La teoria di Porges propone un modello di risposta gerarchico, in cui per prime sono tentate le strategie di sopravvivenza più sofisticate che utilizzano il coinvolgimento sociale. Se il coinvolgimento sociale non funziona, allora entra in funzione il più primitivo sistema d’attivazione
del simpatico (lotta o fuga). Se l’attivazione del simpatico non funziona, allora entra in gioco la risposta l’immobilità del primitivo sistema vagale dorsale come meccanismo di sopravvivenza estremo.
«I tre modelli non funzionano con una modalità “tutto o niente”; al contrario manifestano gradazioni di controllo determinate sia dal feedback viscerale che dalle strutture cerebrali superiori»
(Porges, 1997).
Il sistema nervoso, attraverso le informazioni che arrivano dall’ambiente e dai visceri operano una continua valutazione del rischio. Tale valutazione non avviene a livello conscio ma
coinvolge le strutture limbiche sottocorticali (Perges, 2011). Porges ha coniato il termine neurocezione per «descrivere in che modo i circuiti neurali sono in grado di distinguere situazioni o
persone sicure, da quelle pericolose e minacciose per la vita […]. L’identificazione di una persona come sicura o pericolosa attiva i nostri comportamenti prosociali piuttosto che di difesa» (Ibidem).
La teoria polivagale aiuta a comprendere una cosa fondamentale: in seguito a un’esperienza traumatica «il mondo è esperito attraverso un sistema nervoso differente, che implica una percezione alterata del rischio e della sicurezza» (Van der Kolk, 2014). Questo permette di spiegare quanto sopra descritto a proposito della reazione a eventi che possono richiamare l’esperienza traumatica, soprattutto quando il sistema nervoso è talmente sottoposto a risposte di stress per la continua attivazione, da assumere una risposta di difesa in sé disfunzionale ma divenuta funzionale per non soccombere. Si tratta appunto di una risposta di pura sopravvivenza.